Che schifo leggere e ascoltare politici, opinionisti e giornalisti commentare a caldo quello che è successo all’hotel in Abruzzo.
Non voglio coprire colpe e responsabilità, ma possibile che in questo paese si riesca a ragionare solo sotto gli effetti delle ondate emotiva. La notizie sono poche e vaghe, le operazioni di soccorso sono in pieno svolgimento. Possiamo aspettare 12, 24 ore? Possiamo attendere che i particolari si delineino? Che senso ha fare processi se non abbiamo i dettagli di quello che è successo?
Un noto critico d’arte viene chiamato in una trasmissione per commentare il funzionamento della “macchina dei soccorsi” e si lascia andare a commenti perentori. La sindrome da bar sport attanaglia il nostro paese. Chiunque può dire qualunque cosa, purché lo dica ad alta voce e sappia aizzare il popolo.
E lo schifo più grande è rappresentato proprio dagli applausi del pubblico anonimo nelle varie trasmissioni che sottolineano le affermazioni più indignate.
Siamo un paese di indignati. Tanto bravi a criticare a vanvera ma poco bravi a cambiare realmente le cose.
Vorrei sapere quanti di quei politici, di quei giornalisti, di quegli opinionisti (e di quegli anonimi spettatori) fra un mese vorranno dedicare una piccola parte del proprio lavoro a migliorare realmente il dissesto “idrogelogico” del paese (parolone che va tanto di moda in queste situazioni), a far sì che si costruisca meglio e nei posti giusti, a contribuire al miglioramento organizzativo della protezione civile.
Criticare la macchina del soccorso è doveroso e importante, ma mi aspetto che si faccia a ragion veduta. Magari aspettare qualche ora in più per capire cosa realmente è successo potrebbe essere utile.
Vorrei vivere in una paese un po’ meno emotivo e un po’ più concreto.